Gojō
Hidemaro, giovane nobile laureato in Storia, studia tre anni a Berlino;
al ritorno, è diventato un’altra persona, ha scoperto una nuova
versione della realtà maturando una consapevolezza sulla fondamentale
assenza di valori assoluti all’interno della vita umana e quindi si
immerge in una vita annoiata e libresca, progettando di scrivere una
storia del Giappone. Ciò provoca grande preoccupazione della madre e
diffidenza del padre che, da grande uomo meiji, pensa che il figlio
abbia studiato cose che lo abbiano traviato e che sia entrato in
contatto con le “idee pericolose”.
Il protagonista è un emblematico
esempio della seconda generazione meiji o “generazione del 1885” che
sperimenta in prima persona il regime meiji e ne è insoddisfatta.
L’idea
centrale è un’idea che Hidemaro ha maturato in Germania: lui ha visto
la società tedesca e si è reso conto che è retta da un equilibrio fra
una religione pubblicamente difesa e progresso nella scienza. Si quindi
chiede quale sia il ruolo della religione (fatta di menzogne)
all’interno della società moderna: la sua funzione può essere utile per
governare il popolo, per introdurre l’etica, va però a cozzare con il
concetto di verità che andrebbe difeso e portato avanti.
Ci sono diversi modi di comportarsi con la religione:
1) Credere sinceramente, intuitivamente, non distinguendo mito e storia (come gli ignoranti e le masse)
2) Essere privi di fede, ma riconoscere la necessità della religione (“come se”)
3) Essere privi di fede, e dichiararlo pubblicamente (“idee pericolose”)
Per
scrivere la storia del Giappone Hidemaro trova un compromesso tra
storia e miti: fa finta che i kami esistano, che gli antenati vadano
preservati e che l’ordine sociale vada mantenuto: soluzione
conservatrice e ipocrita giustificata grazie alla filosofia del “Come
se”.
Ho trovato questo libricino "filosofico" molto
interessante, ma penso che per leggerlo serva una conoscenza
approfondita della società giapponese dell'epoca.
Voto ☆☆☆/5