«Quasi tutti i pensatori e gli scrittori affermano che gli hibakusha non dovrebbero restare in silenzio; molti ci incitano a uscire dall’ombra e a parlare. Detesto tutti quelli che non tengono conto dei nostri sentimenti riguardo al silenzio. Noi non possiamo commemorare il 6 agosto; possiamo solo attendere che trascorra ogni volta nella quiete più assoluta, con i suoi morti.»
Hibakusha: termine che indica chi è stato colpito
dalla bomba atomica di Hiroshima o Nagasaki ed è sopravvissuto, sono
spesso persone che restano ai margini della società.
Diciotto
anni dopo il bombardamento del 6 agosto 1945, Ōe si reca per la prima
volta a Hiroshima. Rimane sconvolto dall'incontro con i sopravvissuti,
"coloro che non si suicidarono nonostante avessero tutte le ragioni per
farlo; che hanno salvato la dignità umana in mezzo alle più orrende
condizioni mai sofferte dall'umanità". Ōe analizza le implicazioni
morali e politiche del bombardamento; ci consegna il ritratto di una
città devastata, innalza un monumento alla memoria e lancia un severo
appello alle nostre coscienze per non dimenticare le terribili
conseguenze dell'arma militare più estrema.
Ōe Kenzaburō non
è uno scrittore facile che affronta temi leggeri, al contrario, ha un
forte impegno sociale e politico; per questo critica che nei romanzo di
Murakami e della Yoshimoto non ci siano riferimenti alla guerra o alla
bomba atomica e che raccontano di giovani completamente distaccati dalla
politica e dagli avvenimenti del Giappone degli anni ’60.
Questo
libro è un pugno allo stomaco, fa male. Fanno male le storie di tutti
gli hibakusha che si sono suicidati o che hanno deciso di vivere
isolati, fa male leggere di donne dal viso deturpato da cheloidi che non
riescono a vivere, a parlarne, a trovare l’amore. Fa male leggere
dell’indifferenza delle persone non coinvolte.
Non mentirò, ho
fatto una fatica assurda a finire questo libro, non è una lettura
leggera, soprattutto in questo periodo, ma è un libro estremamente
importante perché, come scrive Ōe, questa tragedia merita di essere
conosciuta allo stesso modo in cui è conosciuta quella di Auschwitz.
🌟🌟🌟/5