Questa raccolta di Akutagawa contiene 14 racconti brevi appartenenti a tutte le fasi della sua produzione:
Della
sua prima fase caratterizzata dalla rielaborazione di testi classici in
chiave moderna e motivi grotteschi troviamo: Rashōmon, Nel bosco, La
rappresentazione dell’inferno.
La rappresentazione dell’inferno è quello che ho preferito:
Akutagawa rielabora un racconto dell’Ujishūi monogatari.
Il
protagonista è il pittore Yoshihide, un artista decadente, amorale,
interessato a rappresentare il brutto; è un vecchio dall’aspetto fisico
sgradevole che stride con la sua arte sublime che riesce a realizzare a
costo di sacrificare tutto.
Si tratta di un racconto ironico sui
discorsi dell’assolutezza dell’esperienza della ricerca artistica, un
apologo sul rapporto tra arte e morale e sulla devozione totalizzante
dell’artista.
Della sua seconda fase nevrotica e autobiografica
troviamo: La ruota dentata, Vita di uno stolto, Il registro dei morti,
La malattia di mio figlio.
La ruota dentata è il più interessante:
È
uno shishōsetsu privo del controllo dove l'io narrante va in giro per
Tokyo e manifesta una costante incapacità di capire il mondo: incontra
una serie di oggetti che dovrebbero essere scollegati tra di loro ma che
sembrano collegarsi, vede spesso delle ruote dentate simbolo di morte
imminente e di pazzia.
Questo racconto è caratterizzato da diverse
situazioni stranianti in cui un'immagine vista a caso per strada si
carica di significati inaspettati e la narrazione procede per
associazioni mentali in maniera paranoica.
Nella raccolta trovate però anche tanti racconti per bambini come Magia, Il filo di ragnatela, Il Naso.
Magia è il mio preferito:
È il racconto del grottesco e dell’arabesco influenzato dall’esotismo indiano.
Centrali
sono la critica all’avidità e il tema classico del cuscino del sogno.
Qui Akutagawa usa la manipolazione narrativa modernista con flashback
/flashforward ingannevoli che richiamano il gusto per la teoria della
relatività.
Ogni racconto è unico e bellissimo, 🌟🌟🌟🌟🌟/5
Akutagawa Ryūnosuke (1892-1927) è considerato il maestro del racconto breve (tanpen shōsetsu 短編小説); fu uno scrittore intellettualistico, erudito, intertestuale; i suoi racconti ci offrono una visione della modernità con uno straniamento che deriva da presa di coscienza della natura ibrida giapponese.
è stato consacrato come l'autore Taishō per eccellenza: periodo con maggiore apertura, maggiore pluralismo dei governi di partito (democrazia Taishō), suffragio universale maschile e caratterizzato da un forte senso di cosmopolitismo giapponese che aveva portato i giapponesi a sentirsi sempre più parte di un circuito nazionale in grado di dialogare legittimamente con altre forme internazionali.
Akutagawa era un antinaturalista, affine con Tanizaki ma che riconosce come maestro Natsume Sōseki che fu uno dei primi a elogiare la sua scrittura, Akutagawa cominciò a frequentarlo e lo riconobbe come maestro, chiamato così anche in“vita di uno stolto”.
La sua produzione di divide principalmente in due fasi:
- Dagli
esordi fino ai primi anni ’20: sono caratterizzati dalla tendenza di
riprendere temi, motivi, storie del passato da fonti classiche e testi
occidentali e di riscriverle dando spesso enfasi ai contenuti
filosofici, con spunti di riflessione classificate in base alla loro
ambientazione. Qui Akutagawa predilige motivi grotteschi, insoliti e
macabri, dà enfasi al tema del relativismo e narra con distacco e
satira.
- Dai primi anni ‘20 al 1927: racconti
caratterizzati da un tono autobiografico; sono gli anni in cui il
romanzo dell’io (shishōsetsu) arriva alla massima consacrazione e nasce
l'idea del genere letterario in cui lo scrittore e il personaggio
coincidono: Akutagawa si sente interpellato a una conversione della
letteratura alta che lo porta ad abbandonare la sua scrittura fantasiosa
e a scrivere il genere vero, consacrato come grande letteratura.
Soprattutto quello dell’ultima fase Akutagawa è stato ampiamente reclamato come esponente del modernismo giapponese.
Queste sono storie deragliate e nevrotiche, in cui il racconto somiglia sempre di più ad una sceneggiatura con episodi frammentari e significati inquietanti, in cui emerge la psiche malata di Akutagawa; i temi ricorrenti sono l’angoscia esistenziale, la paura di impazzire, l’ossessione per l’ereditarietà, la perdita di controllo sulla realtà e la morte: ai tempi si credeva che la pazzia fosse ereditaria e il fatto che la madre abbia avuto dei disturbi psichici pesò molto su Akutagawa che era convinto che anche lui sarebbe impazzito. Morì infatti suicida a soli 35 anni.
Akutagawa non ha scritto solo racconti
macabri, in questo periodo in Giappone nasce anche la narrativa per
l’infanzia con una serie di dibattiti su che letteratura far leggere ai
bambini, su come educarli e istruirli e Akutagawa stesso ha scritto
molti racconti fantastici, magici, esotici e con morale buddhista che
possono divertire e dare un insegnamento ai bambini.